Mauro Buffo, Giancarlo Bellino e Tino Vettorello sul balcone del Sina Centurion Palace, teatro della sfida, che si affaccia sul Canal Grande a Venezia.

Un’immagine di Luciano Pavarotti, Placido Domingo e Jose Carreras a Washington scatatta dalla Reuters.

Chi se li ricorda? Josè Carreras, Placido Domingo e Luciano Pavarotti furono protagonisti, soprattutto negli anni Novanta, di concerti e stagioni memorabili. Uno più potente, un altro più elegante, un altro ancora più caloroso. Erano diventati famosi come “I tre tenori”: ascoltarli cantare era la prova provata che anche in musica può accadere che, quando gli addendi sono di valore, il totale è maggiore della somma delle parti. Bene, in cucina c’è un trio che, quasi improvvisando, trasmette la stessa potenzialità. Tre cuochi, sui quarant’anni o poco più, che hanno sì sensibilità differenti ma riescono ad amalgamarsi e catturare il gusto con spunti vivaci e inattesi.

La sala da concerto, tanto per restare nella metafora musicale, è il Sina Centurion Palace a Venezia, sul Canal Grande, albergo di lusso tra la Guggenheim e la chiesa della Salute. Il gruppo, che gestisce 11 hotel di alto livello in tutta Italia, da Capri a Viareggio, da Perugia a Torino, ha avuto un’idea curiosa: si sono inventati un campionato nel quale i cuochi non si sfidano fra di loro, ma lavorano in coppia, animando nove show-cooking in altrettanti alberghi. Devono lavorare attorno a un tema: quest’anno è stato scelto il design. Una giuria di tre esperti (scelti fra cuochi, giornalisti, blogger) vota i loro piatti su cinque parametri: coerenza con il tema, affiatamento di coppia, bontà del piatto, rapporto qualità-prezzo, valore estetico ed artistico. Il punteggio della coppia andrà a formare la classifica che si arricchisce nelle varie tappe. Dopo Roma, Perugia, Viareggio, Romano Canavese (Torino) è toccato a Venezia. Seguiranno Firenze, Parma, Milano e quindi la finale. La giuria, oltre che da chi scrive, era formata da Anna Maria Pellegrino, cuoca, presidente dell’associazione italiana food blogger, e da Mario Stramazzo, giornalista e gastronomo. La serata è stata condotta da Rachele Liafas.

La triglia con le mandorle (e l’aria di mandorle) assieme al fico caramellato. Sapori di Puglia, fra il mare e il Tavoliere, rimasti nella memoria di Giancarlo Bellino. Il suo piatto si intitola “Vento d’estate” ed è stato presentato alla cena della Sina Chef’s Cup Contest.

 

L’anguilla fritta e impanata, presentata assieme al sorbetto di aceto balsamico. Un’altra idea vincente di Giancarlo Bellino.

LA SORPRESA. L’organizzazione, che fa capo a Paolo Morra, general manager dell’albergo, ha scelto per la serata di Venezia due cuochi veneti: Tino Vettorello del ristorante “Tre panoce” di Conegliano e Mauro Buffo del “12 Apostoli” di Verona. Accanto a loro ha trovato spazio anche Giancarlo Bellino, 41 anni, pugliese trapiantato nel Veneto, più esattamente di San Paolo di Civitate, vicino al lago di Lesina sul Gargano, in provincia di Foggia. È da poco cuoco responsabile del Centurion, dopo essere stato secondo di Massimo Livan. E da lui è arrivata la prima sorpresa della serata: invece di recitare un ruolo di spalla, s’è ritagliato uno spazio da co-protagonista. I suoi due piatti di pesce hanno colpito giuria e commensali perché ha dimostrato di saper unire le (indubbie) capacità tecniche a una cura per il dettaglio esemplare. Cominciamo dal suo Vento d’estate, che è un omaggio alla sua terra d’origine: un filetto di triglia con mandorle, aria di mandorle e fichi caramellati. Già la triglia è un pesce non facile: Bellino l’ha accostata a quei sapori che gli sono rimasti nella memoria di quando, bambino, respirava l’odore del mare e degli alberi da frutto nelle campagne del Tavoliere. Ne è uscito un piatto equilibrato nelle sue diverse sfaccettature. Sarebbe piaciuto al suo conterraneo Renzo Arbore (che canta in napoletano, ma è foggiano) musicista che ama molto le contaminazioni. Il secondo piatto di Bellino, l’anguilla croccante con sorbetto all’aceto balsamico è stata molto apprezzata perché il cuoco ha “smagrito” un pesce di suo piuttosto grasso e l’ha fritto impanandola con delicatezza; l’ha presentata accostandola a un sorbetto che, per la regola dei contrari, ha regalato freschezza al piatto.

 

Gli spaghetti al nero di seppia, cucinati nel Prosecco, con crema di cipolla, altra cipolla scottata in cima, uova di salmone e schizzi di lampone. Piatto presentato da Tino Vettorello, cuoco delle “Tre panoce” di Conegliano. La sua ispirazione è la sedia Acapulco (qui sotto). La serata aveva come tema il design.

ONORE ALL’UNESCO (RICORDANDO GEORGE CLOONEY). Dal canto suo Tino Vettorello ha presentato degli spaghetti al prosecco senz’altro interessanti. Prima di tutto perché li ha accostati, come voleva la regola, a un oggetto di design, la celebre sedia Acapulco, assai famosa negli anni Sessanta e Settanta. È proprio lo spaghetto a ricordare l’intreccio del legno che forma la sedia. In questo caso Vettorello ha scelto degli spaghetti al nero di seppia – siamo a Venezia, bisogna onorare il pesce – e li ha cucinati nel prosecco: metà bottiglia abbondante è finita nell’acqua di cottura e un buon terzo metà nella padella in cui ha terminato di cuocere gli spaghetti. Come condimento ha utilizzato un crema di cipolla di Acquaviva delle fonti (torna la Puglia) altra cipolla, appena scottata, in cima agli spaghetti, assieme a qualche funghetto delle Dolomiti, uova di salmone e uno spruzzo di lampone. Ne è uscito un piatto gustoso, ricco di riferimenti: a cominciare proprio dal prosecco, visto che pochi giorni prima le Colline del prosecco trevigiano sono state dichiarate dell’Unesco patrimonio dell’umanità.

Quando si parla di design, Vettorello gioca in casa. Spiega che “il piatto è un contenitore su cui creiamo un disegno”. E disegni ne ha creati tanti: per esempio il Rombo alla Clooney, creato per l’attore americano che ha incontrato (come molti altri, da Monica Bellucci a Carlo Verdone) alla Mostra del cinema di Venezia, luogo dove cucina da molti anni. “Sono dei cubi di pesce, sfiammato in padella con un filo di prosecco, poi passato al forno e servito su un letto di salicornia, che sono gli asparagi di mare. Volevo ci fosse qualcosa di verde, che richiamasse la gentilezza e la tranquillità che trasmette lui come persona”.

Il dessert presentato da Mauro Buffo è ispirato a Fernando Botero. Il “cremoso” sembra uno dei protagonisti dei suoi quadri: il pittore portoghese, infatti, è celebre per i suoi uomini e donne cicciotte.

UN GRANDE DELLA PITTURA PITTORE PER IL CUOCO VERONESE. Mauro Buffo, veronese di Soave, 41 anni, ha presentato un dessert di rara competenza: cremoso al burro di arachidi, croccante di aglio nero e gel al ribes e mazcal. Lo ha costruito nel piatto come un omino, con testa e braccia, che ricorda molto le figure rotonde e grassocce di Fernando Botero. Del resto il rapporto con le persone è una sua costante preoccupazione: utilizza una formula interessante per descrivere il suo modello attuale: “Usa + umanità”, ossia la professionalità deve essere unita al fattore umano. È una regola che è diventata la sintesi delle sue numerose esperienze, soprattutto all’estero: dopo aver iniziato con Fabio Tacchella, ha lavorato con Gualtiero Marchesi, Massimiliano Alajmo, a New York con David Bouley. Da quasi due anni ha preso in mano la cucina del “12 Apostoli” e l’anno scorso è giunto il riconoscimento della stella da parte della Guida Michelin. Il ristorante è guidato oggi da Filippo Gioco, terza generazione della celebre famiglia che ha preso in mano un locale che ha una storia lunga due secoli e mezzo. Dopo il nonno Giorgio e il papà Antonio (che assieme alla mamma Simonetta è rimasto nel locale) adesso Filippo ha puntato con Mauro Buffo sulla strada dell’innovazione, per far capire che la cucina a Verona non si ferma al risotto all’amarone. E i primi risultati sono arrivati.

La valutazione della giuria ha premiato i cuochi con una votazione complessiva di 93/100esimi. Nella classifica parziale della Coppa, Buffo-Vettorello si trovano al secondo posto.