CENTO SPETTACOLI. Per il teatro comunale di Vicenza presentare un calendario di cento proposte (arrivano a 120 se si tiene conto anche del cinema) che spazia fra teatro, danza, concertistica, sinfonica, circo e musica del mondo, è un successo. Attenzione, non è scritto che “comunque vada sarà un successo” secondo la celebre locuzione chiambrettiana. Il risultato positivo è già qui adesso. Per molti motivi. Primo. Il teatro, inaugurato nel dicembre 2007, è giovane: la città ha faticato quasi 60 anni (dai bombardamenti della guerra nel 1944) prima di posare la prima pietra del teatro, la cui prima stagione organica è del 2008, più o meno l’altro ieri. Undici anni dopo, il cartellone 2019-2020 presenta un panorama ricco con presenze di primo piano: Lucia Poli, Ale & Franz, Lucia Mascino (nella foto qui sopra, conosciuta anche per l’interpretazione del commissario Vittoria Fusco nella serie televisiva dei “Delitti del Barlume”)  Natalino Balasso, la pianista Yuia Wang, il violoncellista Giovanni Sollima, il direttore Alexander Lonquich con l’Orchestra del teatro Olimpico, le numerose compagnie di balletto come l’israeliana Batsheva Dance Company, i canadesi dei Ballets Jazz de Montréal, l’americana Alonzo King Lines Ballet e la francese Malandain Ballet de Biarritz, accanto al Balletto di Roma e al Nuovo Balletto di Toscana… E poi tanti altri nomi di artisti e intellettuali, protagonisti in settori magari distanti tra loro, come il cantautore Vinicio Capossela da un lato e Gianluca Guidi dall’altro (che mette in scena “Aggiungi un posto a tavola”, di cui fu protagonista quasi 50 anni fa suo padre, Johnny Dorelli) da Elio delle Storie tese con la brechtiana Opera da tre soldi fino alle conferenze spettacolo di Corrado Augias e quelle degli storici dell’arte vicentini Guido Beltramini e Stefania Portinari. Nella vertigine della lista del teatro comunale si ritrovano anche l’Orchestra sinfonica Terre Verdiane, Teresa Mannino, il Gran Gala du Cirque e Sergio Rubini tanto per citarne alcuni in modo disordinato.

L’orchesta sinfonica del Teatro Olimpico (la Oto, in sigla) ripresa proprio al teatro comunale di Vicenza

L’ORGANIZZAZIONE. Tutto questo, evidentemente, non si improvvisa. Occorre lavoro e conoscenza, ingredienti di quella competenza che fa superare anche i punti deboli della struttura, vale a dire l’acustica che in una sala amplissima e moderna non è il massimo per la prosa, che dev’essere microfonata. E non tutti gli attori lo accettano. Comunque, alla fine, in questa stagione si contano, fra l’altro, 11 spettacoli di danza, 13 di prosa, 13 per la concertistica, 7 per la sinfonica, 14 fuori abbonamento, 4 per il circo, 5 per l’arte a teatro. Complessivamente, cento spettacoli si traducono in uno spettacolo ogni tre giorni. Scusate se sono pochi, direbbe l’indimenticato Totò. A sessanta e passa anni dal celebre film con Peppino De Filippo, quella frase si traduce con “Varietà e qualità” che è il motto scelto dall’organizzazione per commentare l’offerta del cartellone. Bisogna riconoscere che i risultati vanno a merito di chi ha costruito il risultato, cioé ha pensato le rassegne, vale a dire Pier Giacomo Cirella, segretario generale della Fondazione presieduta da Roberto Ditri, assieme ai responsabili delle sezioni: Loredana Bernardi per la danza, Annalisa Carrara per la prosa, Piergiorgio Meneghini per la concertistica e sinfonica, che sfrutta a piene mani il programma della storica  Società del Quartetto. Qui sotto, Ale & Franz che presentano una loro particolare versione di “Romeo e Giulietta”.

 

IL PUBBLICO. È vero che Vicenza ha una grande tradizione alle spalle nonostante fino all’altro giorno, appunto, abbia sfruttato le chiese per i concerti e perfino i teatri parrocchiali (l’Olimpico è un altro discorso: è prestigiosissimo ma si usa a sprazzi durante l’anno) per tenere viva la tradizione. O forse proprio per questo motivo la tradizione s’è fortificata. Del resto, gli Amici del teatro redivivi dopo le stagioni gloriose animate dall’avvocato Anacleto “Teto” Lucangeli fino a trent’anni fa pescano in questo vissuto che s’è innervato. Ma staccare in una stagione 114mila biglietti in una città di 110 mila abitanti, come ha fatto la Fondazione nel 2018-2019 è un gran bel risultato. Vuol dire portare a teatro tutta intera Vicenza, e anche un po’ di più, mettendo nel conto anche i nonni del Salvi e i bambini in carrozzina. Non credo che per gli spettacoli funzioni la regola che vale per i libri: pochissimi leggono tantissimo, dato che su 65mila titoli pubblicati in Italia il 70% non vende neanche una copia. Basta chiedere conferme ad Alberto Galla e a Giuseppe Traverso. Nel caso degli spettacoli l’offerta è talmente diversificata e di qualità che la Fondazione deve pescare per forza in pubblici differenziati. A rafforzare questo concetto c’è anche la riflessione, o meglio la flessione, del pubblico dei cinema, in costante calo da anni a questa parte. Insomma, chi sceglie sa quello che vuole: questo teatro ha seminato bene in undici anni e sta raccogliendo frutti. Del resto, anche la rassegna all’Olimpico affidata a Giancarlo Marinelli (con Cesare Galla ed Elisa Avagnina a svolgere il ruolo di consulenti) per il 72° ciclo di spettacoli classici sta raccogliendo commenti positivi, naturalmente per le scelte operate ma anche sulle ali di questo nuovo entusiasmo che si vive a Vicenza. Qui sotto, la compagnia di danza israeliana Batsheva Dance Company: la danza raccoglie a Vicenza entusiastici consensi e richiama folle agli spettacoli.

 

 

I CONTI IN TASCA. È sempre il capitolo più delicato, perché se i bilanci non sono a posto si possono sognare tutti i sogni, ma tali restano. E sarà pur vero che siamo fatti della stessa stoffa dei sogni, ma i commercialisti la pensano diversamente. I conti presentati dalla Fondazione teatro per l’ultima stagione parlano un linguaggio chiaro: il bilancio è in attivo e pareggia su 3 milioni e 444 mila euro. L’83% di spettacoli hanno visto un esaurito e per il resto il riempimento delle sale è stato del 90%. Il 51% dei ricavi sono arrivati dalla vendita biglietti e abbonamenti (questi ultimi sono stati 3.330, se ce ne fossero stati altri tre sarebbe stato un numero palindromo, peccato…)  “Le entrate – ha spiegato Cirella – vanno a coprire interamente le spese artistiche, che quindi si sostengono da sole”. Un 10% degli incassi arriva dagli sponsor mentre il restante 40% giunge dai soci della Fondazione, vale a dire Comune di Vicenza, Regione del Veneto, Fondazione Cariverona e Intesa Sanpaolo. Anche questo non è un risultato da poco, se si pensa che nel corso degli (ultimi) anni sono spariti dalla Fondazione due soci fondatori come l’Assindustria vicentina e la Banca Popolare di Vicenza, l’una per scelta e l’altra per il crack da 6 miliardi per il quale si sta celebrando il maxiprocesso a Venezia. Siccome anche i banchieri sono molto sensibili ai bilanci, chi ha preso il posto degli ex soci deve aver soppesato attentamente i risultati artistici e contabili di questi anni. Ed evidentemente deve aver trovato le proprie rassicuranti motivazioni.

Per concludere, il bilancio di questi undici anni di teatro può essere sintetizzato con una citazione di J. W. Goethe (che visitò Vicenza 233 anni fa e andò anche a teatro) forse impegnativa, magari barocca, ma giusta: “Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora”. A Vicenza s’è imparato a ri-cominciare.