Ha scritto un libro su un odiatore seriale, un pescatore-peccatore che la prende con tutti, perfino con gli animali. È arrivato in finale al Campiello e ha tutte le carte in regola per vincere il Supercampiello, che sarà decretato dalla giuria dei trecento lettori e proclamato il  5 settembre alla finale di Venezia, che si svolgerà per la prima volta in piazza San Marco. Il destino del libro può essere roseo perché il suo Sommersione, ambientato in un’isola della laguna veneta, nonostante la ruvidezza del tema convince nella trama e nella scrittura, già matura e per certi aspetti innovativa, anche se l’autore ha solo 33 anni e sia al suo secondo libro.

Insegnante di letteratura italiana all’Istituto tecnico di Chioggia, la sua città, Sandro Frizziero (nella foto) sarà a Isola Vicentina giovedì 30 luglio alle 21 nel parco di palazzo Cerchiari, sede della Biblioteca, per presentare il suo Sommersione (edito da Fazi) all’interno della rassegna Aspettando… Profumo di carta, organizzata dal Comune. Sarà presentato da chi scrive.

Se Frizziero vincerà il Supercampiello, per un soffio non sarà il più giovane in assoluto, dato che resiste impavido da 54 anni il record stabilito da Alberto Bevilacqua, che vinse il Campiello nel 1966 con Questa specie d’amore quando aveva 32 anni.

        Perché ha voluto scrivere questo libro?

Perché volevo indagare il tema del dolore e del male nelle sue varie forme, dalla malattia alla violenza. E ho scelto di raccontare questa storia dura. C’è un motivo. Di solito quando si racconta il male alla fine prevale il bene, le storie trovano un riscatto. In questo racconto, non c’è. Oltretutto, sono convinto che la sofferenza non renda migliori.

         Non le pare di essere pessimista?

No, sono realista perché il racconto del male è sincero. Vuole smascherare i luoghi comuni. Il bene è falso, alla fine. Il pescatore, protagonista del libro, non è un romantico. È un disilluso, un misantropo, un nichilista. Si porta dietro un senso di colpa pesante ma commette cose turpi. Anche la moglie è una sua vittima. Verso di lei il pescatore non ha amore, il suo è malanore.

         L’isola è Pellestrina?

Potrebbe essere, ma l’ho trasformata in una metafora. È un’isola prigione, una Pompei galleggiante. È un elastico che sta per rompersi. In fondo tutti noi siamo isole, creiamo al massimo arcipelaghi.

     Ma qual è l’obiettivo di raccontare una storia così negativa?

Ho scritto in negativo perché ho provato a descrivere quello che non voglio e a far capire, per contrasto, il mondo che vorrei. Non mi interessa condannare il protagonista, perché si condanna da solo. Lui è un giudice infernale che giudica anche se stesso. Mi interessa, invece, capire dove nascono i suoi gesti. Vorrei, che per contrasto, il lettore ne uscisse consapevole del bene che ha intorno. Mettersi di fronte al male ci dà la possibilità di cogliere il bene e di fare il bene.

        Certo che il suo non è un libro che strizza l’occhio al lettore.

Assolutamente. Non mi sono censurato. Il lettore è portato in un universo così oscuro da dargli il piacere di uscire. Non è un male… ad alta digeribilità. Vorrei, cioè, che il lettore, assistendo ai comportamenti del pescatore dicesse: questo personaggio non lo sopporto, però qui ha ragione. Vorrei dare al lettore la capacità di immedesimarsi, e così dargli la possibilità di reagire ed esaminare la propria coscienza. Sono convinto che la letteratura non debba essere medicamentosa.

        È stata trovata spiazzante la scelta di usare il “tu”, non l’io narrante o la più comune terza persona. Perché?

Perché permette di esplorare una modalità nuova. La media distanza crea ambiguità. Comunque, non esiste un narratore univoco. Nel libro il “tu” può essere il male che parla, o forse l’isola, magari un paesano o forse lo stesso lettore.

       

       Tutti nel libro hanno un nome, tranne il protagonista.

Perché, il male ha un nome? La scelta è dettata dalla necessità di rendere la storia universale.

      Perché un giurato dovrebbe votare per il suo libro?

Perché gli è piaciuto più degli altri.

      Il libro avrà fortuna?

Me lo auguro, perché le bozze sono uscite il giorno della sommersione di Venezia a novembre, mentre il libro è uscito il 12 marzo, giorno del lockdown. Non è stato proprio il massimo per iniziare.

      I suoi studenti sanno della sua vita di scrittore?

Non ne parlo a scuola, perché mi sembra corretto così. Ma qualche studente, già diplomato, mi scrive e si complimenta.