E’ stata una lettura raccontata quella che si è tenuta alla Biblioteca di Montecchio Maggiore. Non si sono ascoltati solo i brani del testo, famosissimo, del Giovane Holden. Ma la protagonista della serata, Anna Zago, una delle migliori attrici del Veneto, ha preso per mano gli spettatori e ha spiegato loro anche la cornice del libro, chi era Jerome David Salinger, come e quando ha scritto il romanzo, il suo incontro con Hemingway. Le voci si sono alternate anche alle musiche, quelle citate nel libro. E per comprendere meglio quello straordinario puzzle di sentimenti e riflessioni che è Il giovane Holden, Anna Zago è partita dalla fine del romanzo, cioé dal dialogo del protagonista con la sorellina, “la vecchia Phoebe” e dalla sua vocazione sognata e confessata, di essere un acchiappabambini: “Migliaia di bambini, e in giro non c’è nessun altro – nessuno di grande, intendo – tranne me, che me ne sto fermo sull’orlo di un precipizio pazzesco. Il mio compito è acchiapparli al volo se si avvicinano troppo […]. Non farei altro tutto il giorno. Sarei l’acchiappabambini del campo di segale”. “È tutta in quella frase la fatica di scegliere di diventare adulti”, spiega Anna Zago, che scaverà nell’animo degli spettatori e dell’autore per cogliere il significato del quasi intraducibile gioco di parole che dà il titolo al romanzo, ricavato dalla poesia “Comin Thro’ the Rye” dello scrittore scozzese Robert Burns (1759-1796) e della sua particolare traduzione.

La poesia, scritta in dialetto scozzese, parla di “incontro un corpo” nella segale, ma Holden la ricorda e la trasforma nella “cattura” un di un corpo. Da qui si sono aperti tutti gli scenari che hanno affascinato lettori e critici da quasi settant’anni. Le facce di questo cubo di Rubik letterario sono moltissime, tante quante le frasi celebri che nascono dalla struttura profonda, ma ricca di leggerezza del testo: “Più diventi adulto e più sei chiuso nelle caselle”, è una delle fissazioni di Holden-Salinger, che porta al rifiuto della maturità e dell’invecchiamento. Restare giovani e senza regole è il sogno di tutti, non solo di Salinger.

Anna Zago, 48 anni splendidamente portati, da venticinque attrice, passione che ha scoperto sedicenne al liceo Tito Livio di Padova, ha letto relativamente tardi il libro, otto anni fa, ma se n’è appassionata a tal punto da sperimentare una messa in scena quattro anni fa al Lioy con il corso di teatro al liceo. Il coinvolgimento (e il successo) è stato tale che ancora oggi gli ex studenti le mandano messaggi, ricordi e frasi del romanzo.

Quella di Montecchio è stata davvero una “prima” per Anna Zago. Benché messa in scena il mese scorso da Theama teatro, di cui è cofondatrice assieme al marito, Piergiorgio Piccoli, è la prima volta che la interpreta lei. Non è stato un monologo, perché non era da sola sul palco: a farle compagnia c’era Aristide Genovese, anche lui anima del sodalizio Theama, che ha dato voce agli altri personaggi del romanzo: il professor Spencer, il tassista, il compagno di stanza e così via.

Appassionata dei classici greci, Anna Zago non si ferma alla contemplazione del passato: “Mi interessano anche le rivisitazioni, da Eugene O’ Neill a André Obey, penso a “Una fanciulla per il vento”, perché la tragedia diventa tua quando l’autore la fa entrare nella vita di oggi”. Adora “Finale di partita di Beckett”, ma non si illude: “Non riuscirò mai a recitarlo, perché oggi Beckett è un po’ messo da parte a motivo di un eccessivo sfruttamento nel passato.

A Vicenza nel 73° ciclo degli spettacoli classici autunnale presenterà all’Olimpico in prima nazionale la sua Clitennestra. E sarà quasi una liberazione da uno spettro che la insegue da quando aveva sedici anni, da quando cioè la incontrò (e interpretò) per la prima volta: “In seguito l’ho sfiorata molte volte, per esempio nel Lutto si addice a Elettra interpretavo Elettra, ma non lei, e mi domandavo: quando la farò io?” La risposta se l’è data da sola, e recentemente, quando ha deciso di mettere mano e raccogliere studi, appunti, riflessioni che negli anni aveva messo via sul personaggio e ha firmato il testo che Giancarlo Marinelli ha scelto per il ciclo che cura a Vicenza.

Una figura inquietante, Clitennestra: crudele, infida, violenta, adultera e assassina: il prototipo dell’infamia femminile. Questo era Clitennestra per i greci: una kynopis – faccia di cagna. Un vero e proprio mostro. Uccide il marito e l’amante di lui a colpi di scure. “Ma è davvero solo questo? – s’è chiesta – Mi incuriosiva la sua visione dell’amore, che è sempre considerato negativo. Magari è stata tutte e due, carnefice e anche vittima”. La risposta la avrete dal 16 al 20 ottobre all’Olimpico a Vicenza.

Tra le colleghe, Anna Zago (che è laureata in architettura: era indecisa se iscriversi a filosofia o psicologia, poi durante una vacanza è rimasta due ore incantata ad ammirare la Sagrada Familia a Barcellona e ha preso un’altra strada) adora Maryl Streep e Giuliana Musso per la loro capacità di trasformarsi: “Mi piacerebbe saperlo fare come loro”, confessa. Secondo chi scrive è già sulla buona strada. L’importante è non arrivare al limite clinico citato a paradosso da Vittorio Gassman: “Recitare non è molto diverso da una malattia mentale: un attore non fa altro che ripartire la propria persona con altre. È una specie di schizofrenia”. Però, però… un po’ di ragione ce l’ha, il grande Vittorio, e Anna Zago guarda nella stessa direzione quando annuncia il suo proposito per stasera: “Voglio far avvicinare il romanzo attraverso gli attori, che devono far entrare gli spettatori dentro il libro”. Alla fine, come annotava Johnny Depp, nella recitazione è sempre una questione di compenetrazione: “Non sono io che divento il personaggio, ma è lui che diventa una parte di me”.

E com’è il suo rapporto con i libri? “Sono vorace. Leggo ovunque. Mi piacciono i romanzi impegnativi, tipo Guerra e Pace, quelli che li porti nella borsa e senti il loro peso, quasi fossero lì a chiamarti e a ricordarti ‘mi devi leggere’…. Una volta ho acquistato l’Ulisse di Joyce e anche il libro che ti insegnava a leggerlo e a capirlo. E’ stata una fatica portarseli via in borsa”.

A proposito del teatro che recita il teatro, per chi non volesse perdersi un’altra prima di Anna, giovedì sera ai giardini dell’Astra, l’attrice (ormai vicentina di adozione) mette in scena un testo di Paolo Lanaro, scritto durante il lockdown, intitolato “Voglio pensare a Shakespeare”. È la storia di un’attrice chiusa in casa, che doveva debuttare con il Sogno di una notte di mezza estate e riflette su quello che succede a lei nel 21° secolo e quanto accadeva a Londra durante le epidemie nel 17° secolo.