Sono in mezzo a noi. Inevitabili. Colpiscono quando meno te lo aspetti. Implacabili. E non fuggono, no, si eclissano. Non sai neanche dove. Ma ricompaiono nel momento più inaspettato. E, zac, un altro colpo secco. Dalle conseguenze imprevedibili. E i loro pensieri, comportamenti, ragionamenti, trascinano allegramente l’umanità verso l’autodistruzione. Questo libro ne rappresenta un’antologia. Che ognuno può disperatamente aggiornare.
Questo è il mio ultimo libro, 154 pagine di divertimento: tutti i fatti sono autentici e verificati. Dopo Carlo M. Cipolla che ha indagato sulle “Leggi della stupidità umana” e Fruttero & Lucentini che hanno illuminato sulla “prevalenza del cretino” nella società, mancava uno studio sulla terza categoria, quella degli scemi, che affligge l’umanità. Qui troverete spassosi esempi di queste unità biologiche a base carbonio che rinnegano le più elementari regole che favoriscono l’evoluzione umana.
Moltissime le scemenze storiche, fatti e misfatti da 2.500 anni in qua, autentiche insolazioni del cervello che hanno provocato (non solo agli interessati) pesanti guai. Pesco a caso dalla lista. Fu tutta colpa del panettiere Thomas Farriner se Londra fu devastata dal più grande incendio di sempre. Era il settembre 1666: Farriner si dimenticò alla sera una brace accesa nel forno e scatenò l’inferno. Le fiamme distrussero – fra l’altro – 13.200 case, 400 strade, 89 chiese, la cattedrale di san Paolo e tre ponti sul Tamigi. L’incendio divampò per mezza settimana, a iniziare dalla notte del sabato 1° settembre. Facciamo un salto di quasi trecento anni. Siamo in Cina nel 1958, quando Mao Tse Tung ordina di sterminare i passeri in tutta la Cina: erano colpevoli, sosteneva, di mangiarsi i raccolti: causò la più grande carestia della storia del Paese, con trenta milioni di morti. La Nasa nel 2006 si accorse di aver perso il filmato del primo uomo sulla Luna: l’immagine di Neil Armstrong e la sua celebre frase (“Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”) era finita nel gruppone delle 200mila videocassette che, per risparmiare, erano state cancellate e riutilizzate.
Ma l’ente spaziale americano ne ha combinata una più imbarazzante. Domanda: qual è il modo più scemo per buttare via un satellite da 128 milioni di dollari? Semplice: farlo costruire da un team di ingegneri che usa il sistema di misurazione inglese (quello basato sui pollici, per capirci) mentre la Nasa, che lo ha commissionato e lo deve utilizzare, usa il più diffuso sistema metrico convenzionale. Incredibile, vero? Eppure è accaduto. E sì che progettare e realizzare un satellite spaziale non è esattamente come costruire un pupazzo di neve: servono anni e competenze raffinate. Non si capisce bene, in un lavoro di quella portata, come sia possibile parlare due lingue diverse per lungo tempo e non rendersene conto. Anzi, capirlo solo quando il satellite è arrivato destinazione dopo un viaggio di 225 milioni di chilometri.
Andiamo avanti. Tra i capitomboli tecnologici c’è la storia del manager che nel 1998 poteva comprare Google a pochi soldi ma rifiutò: adesso il motore di ricerca vale 350 miliardi di dollari. Per carità, sbaglia anche Mark Zuckerberg: non volle assumere due giovani, che poi inventarono Whatsapp. E che lui ha poi comprato per 19 miliardi di dollari. Ronald Wayne ha un bel pensiero che gli rode la mente da oltre quarant’anni: fu il co-fondatore di Apple e nel 1976, poco dopo la nascita della società, vendette il suo 10% nel 1976 per 800 dollari: oggi quella quota varrebbe 100 miliardi. Anche Google peraltro ha commesso una bella scemenza: è riuscita a perdere il suo dominio e, soprattutto, a regalare 10 milioni di pubblicità perché uno stagista aveva cliccato un tasto sbagliato.
Le porte dell’Inferno esistono davvero in Turkmenistan: i geologi volevano bruciare del gas residuo in una grotta, ma l’incendio prosegue inarrestabile dal 1971. Nel 1963 il giovane studioso Donald Rusk Carrey abbattè l’albero più antico del mondo, antico di 5000 anni. Ma non lo sapeva. Guglielmo Marconi collegò l’Europa all’America con il telegrafo senza fili, ma ci riuscì senza saperlo, cioé senza conoscere le leggi della fisica. Anzi, il suo tentativo fu additato dai grandi colleghi come quello di un pazzo ignorante. Pazzo non lo era, ma ignorante sì, come spiega il simpaticissimo fisico Emilio Del Giudice. Ma fu fortunato, e l’esperimento funzionò. Però Guglielmo Marconi ottenne il premio Nobel per la fisica, ma non la laurea in fisica.
Ce n’è anche per gli architetti. Avvertiva Frank Lloyd Wright, che in materia di costruzioni si intendeva parecchio: “Il medico può seppellire i propri errori, l’architetto può solo consigliare di mettere dei rampicanti”. Ma proprio lui è la dimostrazione vivente di quanto un architetto possa sbagliarsi. Lui e la sua Fallingwater a Mill Run in Pennsylvania negli Usa. È una casa immersa nel verde costruita su una cascata, da cui il nome. Idea geniale, con i volumi aggettanti e sbalzati. La terminò nel 1939. Il progettista ne era così orgoglioso che la indicò come simbolo della sua architettura organica, quella che riconcilia l’uomo e la natura. Ma deve aver sbagliato qualcosa, perché in poco tempo l’edificio sviluppò muffe e problemi di umidità tali da scontentare presto i proprietari, cioè la famiglia di Edgar J. Kaufmann. Il quale, ricco e sofisticato imprenditore, commentò la situazione che s’era creata con un gioco di parole, che a dire il vero in italiano si perde un po’. Riferendosi al nome della Casa sulla cascata, cioè Fallingwater (“acqua cadente”) ribattezzò l’edificio “muffa crescente”.
Molti sono stati i musicisti presi per scemi al debutto di loro opere. Moltissime star hanno toccato con mano l’amarezza dei fischi alla prima. È il caso del Barbiere di Siviglia che, alla prima del teatro Argentina di Roma, nel 1816, conosce un clamoroso fallimento. L’opera è musicata da un ventiseienne Gioacchino Rossini, che è già un mito al tempo, direttore da cinque anni del san Carlo di Napoli. Sorte ugualmente amara è riservata alla Traviata di Giuseppe Verdi. “Fiascone, e peggio hanno riso”: così il maestro amareggiato commentò la prima della sua opera alla Fenice di Venezia, il 6 marzo 1853. Verdi aveva quarant’anni ed era reduce dal successo del Rigoletto. La vicenda di Madama Butterfly di Giacomo Puccini, all’ora quarantaseienne, è ancora più eclatante. Il fiasco del 17 febbraio 1904 alla Scala è talmente bruciante che l’editore decide di ritirare lo spartito per farlo rivedere e modificare. Lo stesso Giulio Ricordi annota l’incandescente clima della serata: “Grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate, i soliti gridi solitari di bis fatti apposta per eccitare ancor di più gli spettatori, ecco, sinteticamente, qual è l’accoglienza che il pubblico della Scala al nuovo lavoro del maestro Giacomo Puccini. Dopo questo pandemonio, durante il quale pressoché nulla fu potuto udire, il pubblico lascia il teatro contento come una Pasqua!”. Ricordi ordinò a Puccini di ritirare lo spartito e cambiarlo.
Il più clamoroso fiasco musicale è senza dubbio quello della Decca, la casa discografica inglese che rifiutò i Beatles dopo un provino che si svolse il 1° gennaio 1962. Qualche giorno dopo la casa discografica scrisse ai giovani musicisti che non era interessata a loro, in quanto “i gruppi formati da quattro chitarristi sono ormai fuori moda”. Non solo. La Decca si spinse ancora più in là, affermando che “i Beatles non avranno futuro nello show business”.
La galleria prosegue con mutande pazze, ovvero l’arte cancellata e corretta, da Michelangelo al XX secolo, da Paolo Veronese al Caravaggio. Seguono i colpi di mona, come si dice nel Veneto, degli editori: la lista di rifiuti eccellenti di quei manoscritti che sarebbero diventati capolavori è lunghissima: la stessa Agatha Christie si vide rifiutare il suo primo giallo con Poirot per quattro anni da cinque editori. Quando lo pubblicò nel 1920 fu l’inizio di un successo che le consentì di vendere due miliardi, diconsi due miliardi, di libri. La stessa J. K. Rowlings è testimone vivente di un destino simile: il suo Harry Potter fu a lungo rifiutato dagli editori, prima di esplodere come caso mondiale grazie a una bambina che l’aveva letto e poi convinto il nonno editore. Le avvenutre del maghetto sono state vendute in 450 milioni di copie e la Rowlings, che non aveva i soldi per fotocopiare il manoscritto da consegnare all’editore, adesso ha una fortuna valutata in 840 milioni di dollari.
Mettiamoci un punto, ma nel libro troverete molte altre storie ai confini della realtà. Chi lo vuol leggere, mi contatti.